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Lean Construction Miglioramento Continuo

“Niente tocca terra”

Un’applicazione pratica del metodo di organizzazione 5S

In un altro articolo ho spiegato come il “metodo delle 5S” può migliorare l’efficienza sul lavoro. Riassumendo brevemente, per massimizzare la produttività è necessario ridurre al minimo le distrazioni, il disordine, lo spreco di movimento; questa spinta a migliorare è espressa da cinque parole giapponesi che iniziano tutte per “S” (e che hanno equivalenti in italiano ed inglese, sempre con una S iniziale). I cinque verbi “magici” sono

  • Seiri, cioè separare, ciò che è funzionale al lavoro da cosa non lo è
  • Seiton, cioè sistemare l’area in cui svolgi il lavoro
  • Seiso, cioè spazzare, nel senso di mantenere pulita l’area di lavoro
  • Seiketsu, cioè standardizzare specialmente le lavorazioni ripetitive 
  • Shitsuke, cioè sostenere il miglioramento attraverso una diffusione capillare della metodologia in tutta l’azienda, finché questa non diventi pervasiva

Questi princìpi teorici trovano applicazione pratica in un metodo di produzione edilizia detto “niente per terra” (in inglese “nothing hits the floor”). La pratica trova applicazione specialmente durante i lavori di fit-out ma è stata utilizzata con successo anche durante allestimenti di cantiere, costruzioni al grezzo e lavori di fondazione.

Questo metodo vieta di lasciare sul pavimento qualsiasi cosa durante lo svolgimento del lavoro

  • Tutti gli attrezzi manuali sono posizionati su un carrello. Se sono attrezzi pneumatici o elettrici a filo, cavi, tubazioni e altri servizi passano in quota e non a pavimento, ad esempio sollevati da puntelli e supporti oppure lungo pareti o altri sostegni verticali
  • Tutti i materiali da costruzione sono posizionati su carrelli a ruote, siano essi pedane, dolly o altro, a seconda del tipo di materiale
  • Tutto i rifiuti, gli sfridi e gli scarti sono depositati in bidoncini o cassonetti a ruote
Hofman - Nothing Hits the Floor
Niente a terra – Hoffman Construction

In questo esempio si può notare la presenza di un cassonetto scarrabile a destra, un carrello per gli attrezzi (al centro, in fondo) e un dolly per i materiali. Sul pavimento non c’è nulla (credits: Hoffman Construction)

Benefici

Applicare questa regola comporta un notevole miglioramento

  • Economia di movimento e di trasporto (due degli otto sprechi del pensiero lean illustrati in un articolo precedente)
  • Riduzione degli infortuni dovuti a movimenti ripetuti, in particolare infortuni alla schiena per chinarsi a raccogliere materiali e attrezzature. Gli arnesi e i materiali sono portati a quota “banco da lavoro”
  • Riduzione degli rischi di caduta da scivolamento e inciampo; in particolare, i rifiuti e gli scarti di lavorazione sono immediatamente stivati in contenitori su ruote anziché ingombrare l’area di lavoro, cavi e tubazioni volanti non corrono a terra.
  • Maggiore pulizia in cantiere (la terza “S”, seiso) significa migliore qualità delle finiture nonché minor rischio di guastare i materiali
  • E infine, da non sottovalutare, l’impressione che il cliente ricava da un cantiere gestito in questo modo è totalmente unica
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Last Planner Lean Construction

Tutti hanno un piano..

I programmi fatti a priori spesso si scontrano con una realtà diversa, mutate condizioni. Nemmeno i migliori planner possono prevedere il futuro.

Secondo il prof. Alan Mossman, studioso di lean construction, il cronoprogramma lavori, creato a priori non può essere lo strumento di gestione del progetto durante la sua esecuzione, perché esso rappresenta l’esercizio dei progettisti per dimostrare che ciò hanno ideato può essere realizzato nei tempi e con la sequenza di esecuzione che hanno pensato.

Tuttavia, anche in assenza di varianti, le condizioni “a bordo scavo” per così dire, possono essere molto diverse da quelle ipotizzate a tavolino.

“Tutti hanno un piano, finché non prendono un pugno sul muso.”
Mike Tyson

Esistono numerose e valide ragioni per cui nella pratica una lavorazione devia da quanto previsto nel cronoprogramma, senza per questo dover attribuire il ritardo a questo o a quel contractor. Un lavoro inizia in ritardo non solo perché il lavoro che lo precede non è ancora finito, ma per ragioni ben più banali come ad esempio le condizioni meteo.

È quindi necessario avere un metodo per riprogrammare i lavori in funzione delle mutate condizioni. 

Ma un cantiere è un organismo con tante teste, non necessariamente tutte allineate. Il punto di vista del main contractor e il suo approccio “verticistico” (“fate come vi dico”) potrebbe non essere il migliore. Non perché il capocommessa non è capace, ma semplicemente perché non tutti hanno a disposizione tutte le informazioni. Spesso “tutti hanno capito”, il problema semmai è assicurarsi che tutti abbiano capito… la stessa cosa.

Il sistema last planner nasce invece dall’osservazione di queste tre verità

  1. Tutti i programmi sono previsioni, e le previsioni possono sbagliare
  2. Più lontano nel tempo cerchiamo di prevedere, più è probabile sbagliare
  3. Più precisamente cerchiamo di prevedere, più è probabile sbagliare 

Il sistema last planner interviene quindi nel breve e medio orizzonte, proprio per colmare questo gap tra ciò che dovremmo fare (il cronoprogramma lavori del progetto esecutivo) e ciò che possiamo fare (la realtà contingente del cantiere, il suo stato istante per istante). 

Attraverso una semplice ma rigorosa programmazione di approntamento (in inglese make-ready) svolta lungo una finestra scorrevole di 6-8 settimane, il pianificatore ultimo (=last planner appunto) si assicura di mettere in esecuzione,cioè FARE, solo tutto ciò che SI PUÒ fare, perché ne ha verificato i pre-requisiti (materiali, mezzi, manodopera, attività propedeutica ecc.).

Il sistema è stato applicato con successo su progetti di edilizia, infrastrutture, civile, oil & gas, aerospazio e costruzioni marine, migliorando le performance di cantieri grandi e piccoli e aiutando innumerevoli professionisti a rispettare budget e tempi di consegna.

Scaricate l’ebook gratuito sul sistema di programmazione collaborativa di cantiere Last Planner

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Kanban Miglioramento Continuo Problem Solving

Ridurre gli sprechi con il metodo 5S

5S è il nome di un metodo giapponese che mira a massimizzare l’efficienza sul lavoro, di qualsiasi lavoro, senza distinzione, ma ne parliamo tra un attimo. Adesso voglio parlare di Don Fra’.

Don Fra’ ha 75 anni e adesso è in pensione. Ha fatto il saldatore per tutta la vita, “compresi 22 anni in Arabia Saudita”, mi dice. Fuma troppo, ma quando esce sulla terrazza di casa e vede sotto di sé tutta la Costiera Amalfitana sa che camperà fino a cent’anni.

Oggi mi ha dato una lezione di vita, mentre io e mia moglie, in vacanza sulla Costiera Amalfitana, fuggivamo dalla canicola all’ombra di casa sua, dopo una salita di 550 scalini e con la prospettiva di farne altrettanti.

Don Fra’ mi racconta che a undici anni ha imparato cos’è la disciplina. Ai tempi Don Fra’ lavorava come garzone da o’ tedesco, un ex militare della Wermacht che nell’immediato dopoguerra era tornato in Italia, dove era stato distaccato durante il conflitto, aveva acquistato a prezzo di saldo una parte della colonia montana Principe di Napoli sopra Amalfi e l’aveva trasformata in campeggio.

O’ tedesco ogni sera alle nove mandava Don Fra’ in cantina con una richiesta; vamm’a piglià a pinza, gli diceva (questa è la voce di Don Fra’ che mi racconta, dubito che o’ tedesco parlasse con questo accento). Il ragazzo scendeva in cantina e o’tedesco prontamente gli staccava la luce.

E mo’ comm’a trovo a’ pinza? Si chiedeva giustamente il giovane Don Fra’.

o’tedesco immancabilmente gli rispondeva “se hai messo in ordine il banco da lavoro ti basterà allungare la mano, anche al buio, per trovare la pinza”.

Mentre Don Fra’ raccontava, ho avuto un’illuminazione! Era la prima volta che sentivo parlare della metodologia 5S in dialetto napoletano anziché in giapponese!

Il metodo 5S prende il nome da cinque verbi giapponesi che iniziano tutti per “S” e recita così

la tua efficienza sul lavoro (quale lavoro sia è ininfluente) è massima quando hai eliminato tutto il muda, parola giapponese che significa spreco.

Spreco è tutto ciò che non è strettamente funzionale al lavoro stesso perché non crea valore per il cliente. Il metodo lean dice che è il tuo cliente (e nessun altro) ad identificare che cosa è valore (=ciò che il cliente desidera, ciò per cui è disposto a pagare) e che cosa è spreco (=ciò che al cliente non interessa).

I cinque “verbi magici” sono

  • Seiri, cioè separare. Separa tutto ciò che serve al lavoro da ciò che non serve, che quindi crea intorno a te distrazione, disturbo, disordine, in altri termini muda.
  • Seiton, cioè riordinare (oppure anche sistemare) l’area in cui svolgi il lavoro
  • Seiso, cioè puliremantenere pulita l’area di lavoro (in italiano si usa mnemonicamente anche spazzare per rimanere tra le “5S”)
  • Seiketsu, cioè standardizzare specialmente le lavorazioni ripetitive attraverso metodi e procedure sistematiche e codificate
  • Shitsuke, cioè sostenere il miglioramento attraverso una diffusione capillare della metodologia in tutta l’azienda, finché questa non diventi pervasiva

Don Fra’ aveva imparato già a 11 anni che quando applichi correttamente le 5S la pinza si trova sempre allo stesso posto, e ti basta allungare la mano per prenderla, anche al buio.

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Kanban Miglioramento Continuo Problem Solving

A3, tutto il problem solving… in un unico foglio

Questa tecnica lean è nata nelle fabbriche Toyota, ma è stata rapidamente adottata anche nelle costruzioni.

Si chiama “A3” proprio come la dimensione unificata del foglio di carta da disegno, il formato ISO A3, appunto, di 420mm x 297mm, ed è utilizzata come strategia di gruppo per favorire il miglioramento dei processi esistenti. Il vincolo è proprio dovuto al fatto che tutta la strategia, dalla descrizione del problema alla misurazione dei risultati, deve essere contenuta all’interno di un unico foglio A3 suddiviso in sette riquadri ben precisi. 

Questo ci obbliga ad essere innanzitutto concisi e sintetici nel descrivere il problema e le eventuali soluzioni, e in più il limite del foglio A3 sgombra il campo da distrazioni e obbliga a concentrarsi sul problema. Un problema, un foglio; e il foglio deve contenere non solo la descrizione del problema, ma anche la sua analisi svolta attraverso il metodo dei “cinque perché” (vedi sotto), e l’implementazione delle eventuali soluzioni.

Ecco un esempio di foglio A3 con i riquadri corrispondenti.

A3 thinking
  • Il processo da seguire parte dall’identificazione del problema. Cosa vogliamo ottenere con questo esercizio? 
  • A seguire, è necessario descrivere lo stato attuale. Dove siamo in questo momento? Qual è il funzionamento attuale di… quella cosa che non ci piace…? Per quale ragione lo stato attuale è un problema?
  • Qual è invece lo stato futuro desiderato? Che aspetto ha il successo di questa iniziativa? Possiamo essere più specifici, attraverso un parametro misurabile? Ad esempio “un aumento del 10% nella quantità di calcestruzzo in opera ogni giorno” è una quantità misurabile, “ridurre a metà gli errori di posa piastrelle” è misurabile, mentre “migliorare la sicurezza” non lo è
  • Il passo successivo è analizzare la distanza che separa il punto in cui ci troviamo dal punto in cui vorremmo essere. Perché siamo nel punto in cui siamo? Continuiamo a chiederci perché fino a risalire alle cause alla radice del problema, tenendo conto che potrebbero essere più di una
  • Per ogni causa individuata, pensare alle contromisure necessarie; anche in questo caso, tener conto che per risolvere una causa alla radice potrebbe essere necessario adottare più di una contromisura. Chi dovrà adottare la contromisura? Entro quando? Come facciamo a sapere se ha funzionato? Questa fase permette di esplorare lo spazio delle soluzioni, alla ricerca della giusta combinazione
  • Dopo aver esplorato le soluzioni, è necessario mettere in esecuzione un piano e misurare i risultati. Che differenza c’è tra “prima” e “dopo”? Ho raggiunto il mio obiettivo? Questo passo potrebbe essere chiamato standardizzare, come la quarta delle 5S, perché mira appunto a rendere “il nuovo processo” la normale esecuzione di quella attività che desideriamo migliorare
  • L’ultimo passo è quello di sostenere il cambiamento (shitsuke, la quinta “S”). Cosa è necessario mettere a punto per evitare di ricadere nello stato precedente, indesiderato perché era quello in cui si verificava il problema? Chi se ne occupa? Come misuriamo lo stato di avanzamento di queste misure?

Seguendo questa procedura è possibile migliorare nella pratica un processo di lavoro in cantiere, rendendolo più efficace, creando più valore per il cliente e riducendo gli sprechi.

Una nota sui “cinque perché”: il sistema lean sostiene che non è sufficiente risolvere “un” problema, bisogna risolvere “il problema giusto”, cioè il problema che è alla radice. Per arrivare alla radice del problema è necessario continuare a chiedersi “perché”. In genere bastano cinque perché per arrivare alla radice del problema, da cui il nome della tecnica.

Un esempio di analisi cinque perché è il seguente. PROBLEMA: L’auto non parte.

  1. Perché? Perché la batteria è scarica
  2. Perché? Perché l’alternatore non carica
  3. Perché? Perché la cinghia dei servizi è usurata e slitta
  4. Perché? Perché la cinghia non è stata sostituita al raggiungimento del chilometraggio suggerito nel manuale d’uso del costruttore

Quindi la vera radice del problema è la mancata manutenzione programmata. Se ci fossimo limitati a sostituire la batteria avremmo trovato solo una soluzione temporanea; solamente seguendo invece correttamente la manutenzione programmata possiamo evitare che il problema si ripeta (risoluzione del problema alla radice).

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Last Planner

Last Planner System

Un sistema collaborativo per programmare le attività di costruzione

La spiegazione in assoluto più condensata che abbia mai trovato sul sistema Last Planner (scarica qui l’ebook gratuito) è la cosiddetta regola del “5-4-3-2-1” e suona più o meno così:

Per padroneggiare il sistema Last Planner è sufficiente studiare, comprendere e applicare correttamente

  • 5 conversazioni
  • 4 documenti, o anche visualizzazioni
  • 3 ruoli
  • 2 obiettivi
  • 1 principio guida

5 conversazioni

Last Planner è un sistema di programmazione collaborativo basato su promesse attendibili. Poiché le attività di programmazione sono svolte collaborativamente, esse prendono il nome di conversazioni. Le cinque conversazioni più importanti sono queste

  • Programmazione a milestone e fasi, dove per milestone si intende quando qualcosa di importante inizia o finisce, mentre per fase si intende quello che succede tra due milestone.
  • Programmazione di “approntamento” (cosiddetta make ready planning) chiamata anche programmazione di lookahead dove si identifica il lavoro che si può fare davvero e si identificano e rimuovono i vincoli collaborativamente
  • Programmazione settimanale del lavoro, o Weekly Work Plan, la conversazione in cui si scelgono i lavori pronti da mettere in lavorazione la settimana successiva
  • Daily huddle, una veloce riunione giornaliera in cui si verificano le promesse mantenute e non (e le ragioni per cui non è stato possibile). Il nome huddle è preso dal football americano, e ricalca la fulminea consultazione (20-30 secondi) durante la quale la squadra in attacco seleziona lo schema di gioco successivo.
  • Retrospettiva, un momento fondamentale di riflessione “a cose fatte”, per capire cosa abbiamo imparato dal lavoro appena ultimato

4 documenti

  • Pull Plan, il programma delle attività “a ritroso” all’interno di una fase (cioè la porzione di lavoro tra due milestone). Il concetto di Pull Planning e di “lavoro che libera altro lavoro” è spiegato più nel dettaglio nell’ebook gratuito sul sistema LPS
  • Make Ready o lookahead plan, compreso il registro dei vincoli, una finestra di programmazione “scorrevole” ampia 6-8 settimane che identifica quali lavori potranno diventare pronti nel breve periodo
  • Piano settimanale, Weekly Work Plan o WWP, che contiene solamente lavori dichiarati pronti per l’esecuzione, secondo precisi criteri
  • Grafici delle prestazioni. Last Planner misura la propria efficacia attraverso due metriche fondamentali; Percentage of Plan Complete (PPC) cioè percentuale di programma completato e Reasons for Non Completion (RNC) o “ragioni di non completamento”.

3 ruoli

  • Il pianificatore ultimo. La definizione di last planner è molto precisa, ed è la persona più vicina al lavoro con l’autorità di impegnare risorse (manodopera, materiali, mezzi) a nome dell’azienda.
  • L’approntatore (make ready planner), che ha lo scopo di identificare e tenere traccia dei vincoli, cioè le condizioni alle quali il lavoro può essere svolto. Ad esempio lavori precedenti ultimati, area cantiere pronta, materiali arrivati ecc.
  • Il facilitatore. Il compito del facilitatore è di instradare le conversazioni assicurandosi che tutti i pianificatori possano dare il proprio contributo

2 obiettivi

  • Completare il lavoro in modo attendibile
  • Far fluire il lavoro. Il concetto di flow è molto preciso nella dottrina lean construction ed è legato alla creazione di valore. La definizione stessa di valore è molto rigorosa nella pratica lean: tutto ciò che il cliente vuole è valore, tutto ciò che il cliente non vuole è spreco (in giapponese muda)

1 principio guida

  • Fare meglio di ieri. I momenti fondamentali di retrospettiva, misurazione delle performance, studi di esecuzione ecc. sono collegati al principio lean del miglioramento continuo (continuous improvement in inglese, kaizen in giapponese) e sono le fondamenta su cui costruire la crescita dell’azienda e dei suoi collaboratori.

Last Planner System™ è un marchio registrato di proprietà del Lean Construction Institute ed è qui usato con il suo permesso www.leanconstruction.org

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Lean Construction servant leaderhsip

Servant Leadership

Perché gli apicoltori non fanno il miele

Nel mio lavoro di Lean Construction Coach mi capita di incontrare resistenza quando insegno i princìpi e la pratica Lean Construction. Un’obiezione abbastanza comune è del tipo “se non sai fare il mio lavoro, come puoi insegnarmi a farlo meglio?”. Oppure, la sua variante colorita, “questo tizio nemmeno sa come montare le mensole dell’IKEA e pretende di insegnarmi il mestiere.”

Ogni volta che sento questa obiezione istintivamente penso “ecco, questa è un’ottima occasione per parlare di servant leadership.”

Per questo domando “chi è che fa il miele? Le api o l’apicoltore?” Questa semplice domanda scatena sempre una vivace coversazione, ogni volta è come osservare le lampadine che si accendono sulla testa dei partecipanti, come nei cartoni animati.

Da apicoltore amatoriale quale sono, mi sento molto servant leader, sia in apiario che in cantiere. Non insegno agli idraulici come posare le tubazioni, e di sicuro non “insegno” alle api come fare il miele. Credetemi, la cosa da non fare in apiario è proprio cercare di costringere 60.000 “lavoratrici” a fare come dite voi.

Ma allora, in che modo sono d’aiuto? Da bravo servant leader faccio crescere i miei alveari, mi assicuro che le api abbiano ampio accesso a cibo e acqua, e faccio i necessari trattamenti perché le api rimangano in buona salute e libere da parassiti.

Una spiegazione (in inglese) del concetto di servant leadership

In altri termini, creo le condizioni ideali perché le api facciano al meglio il loro “mestire di ape”. In breve questa è la servant leadership. Creare le condizioni ideali per permettere ai vostri collaboratori di brillare.

Laddove un leader tradizionale offre la propria visione e l’indirizzo necessario a ottimizzare gli obiettivi aziendali, ciò significa porsi al servizio dell’impresa e dei suoi KPI (Key Performance Indicators, indicatori chiave di prestazione).

Un servant leader, al contrario, si pone al servizio delle persone, il suo obiettivo è la loro crescita professionale e personale, e la sua attenzione è rivolta a diversi indicatori di prestazione. Non si preoccupa direttamente di quote di mercato, ricavi ecc. ma anzi concentra i suoi sforzi in attività come l’apprendimento, la condivisione della conoscenza, l’autonomia e il benessere dei collaboratori.

Quando i collaboratori sono più abili, più capaci, più motivati, saranno loro stessi a prendersi cura dei KPI aziendali come le quote di mercato, perché più coinvolti e partecipi.

Ok, facciamo conto che vi abbia convinto. In pratica, però, come si diventa servant leader?

Larry Spears ha riassunto i dieci tratti del servant leader in un famoso articolo del 2000 intitolato “Character and Servant Leadership: Ten Characteristics of Effective, Caring Leaders

  • Ascolto. Imparare ad ascoltare permette di identificare e chiarire i reali bisogni dei tuoi collaboratori
  • Empatia. Imparare a riconoscere l’unicità di ciascuno dei tuoi colleghi e collaboratori.
  • Cura. Imparare a ricucire gli strappi e riparare le relazioni tra le persone
  • Cognizione. Imparare a leggere l’ambiente circostante, quello che realmente sta succedendo intorno a te
  • Persuasione. Imparare a convincere anziché costringere, imparare ad essere autorevole anziché autoritario
  • Concettualizzazione. Imparare ad ampliare il pensiero aldilà del quotidiano e dei suoi bisogni, per abbracciare concetti più a lungo termine
  • Lungimiranza. Caratteristica strettamente collegata ala concettualizzazione. Imparare a identificare le conseguenze future delle decisioni presenti.
  • Tutela. Imparare a prendersi cura innanzitutto delle persone, e successivamente dell’azienda, in quest’ordine.
  • Impegno alla crescita delle persone. Fujio Cho, ex CEO di Toyota, era solito dire che in Toyota “innanzitutto costruiamo persone, e solo dopo costruiamo automobili”
  • Community building. Imparare ad offrire ai collaboratori occasioni per interagire e stabilire un contatto, aldilà delle attività lavorative di tutti i giorni.

Ecco, in sostanza, i dieci tratti salienti che compongono la servant leadership. Tutte queste azioni aumenteranno la cosiddetta potency del tuo gruppo.

Il termine potency in questo caso significa “la convinzione condivisa da tutti i membri della squadra che il gruppo possa efficacemente conseguire gli obiettivi che gli sono stati assegnati”. In altri termini, questa è una misura della sicurezza e fiducia reciproca dei componenti della tua squadra.

L’autore mentre si comporta da Servant Leader con le sue api
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Last Planner

Last Planner in pratica

Il bricolage di Pasquetta, un esempio pratico

Nel mio Manuale Lean Construction ho spiegato che non ha senso mettere in cantiere un lavoro se non è possibile portarlo a termine, ad esempio perché “manca qualcosa”. Ho anche spiegato come l’atteggiamento di “intanto cominciamo” è una fonte insidiosa di spreco, lo spreco di “arrangiarsi” o arrabattarsi (in inglese making do), uno spreco “multiplo” perché è la somma di più sprechi (vedi l’articolo dedicato per riconoscere gli sprechi di cantiere).

Manuale Lean Construction, Creare valore in edilizia
Manuale Lean Construction: Creare Valore in edilizia

Secondo il sistema Last Planner, per essere sicuri di poter fare un lavoro, cioè poter iniziare e terminare, è necessario verificare i cosiddetti otto flussi, vediamo quali.

  1. Attività precedenti terminate, cioè tutte le attività che sono un pre-requisito per poter svolgere il lavoro
  2. Materiali, cioè disporre di tutti i materiali necessari
  3. Persone, cioè una quantità di manodopera adeguata per terminare il lavoro nel tempo promesso
  4. Attrezzatura, cioè tutti i mezzi e gli attrezzi per fare il lavoro
  5. Informazioni, cioè disegni esecutivi, istruzioni, risposte a richieste di chiarimento ecc.
  6. Spazio sicuro, cioè un’area per poter eseguire il lavoro in sicurezza
  7. Condizioni esterne, come ad esempio le condizioni meteo
  8. Comprensione comune, cioè aver capito tutti la stessa cosa riguardo al lavoro da fare (non è sufficiente chiedere “abbiamo capito tutti?”)

La cuccia del cane, il progetto di Pasquetta

Adesso vorrei illustrare con un esempio pratico ma leggero il processo di verifica degli otto flussi. Immaginate di voler costruire in un punto del vostro giardino una nuova cuccia per il vostro cane. Il vostro progetto è subordinato alle seguenti condizioni

Fonte: www.doghouseplans.com
  • Avrete tempo solo nel giorno di Pasquetta, e dovrete terminare tutto il lavoro in una giornata, pena dover subire sguardi di compatimento e delusione da parte di vostra moglie e del cane
  • Dovrete assicurarvi di avere tutto il necessario perché il giorno di Pasquetta il negozio di bricolage è chiuso
  • Avete deciso di far portare acqua ed elettricità nel punto dove costruirete la cuccia, per aiutarvi nelle operazioni di toelettatura
  • Dovete avere l’approvazione della moglie per a) il punto del giardino dove costruirete e b) il colore della cuccia, pena conseguenze negative a lungo termine sulla serenità familiare
Il lavoro pronto secondo il sistema Last Planner

Con riferimento alla figura, prima di procedere all’esecuzione dovremo verificare le tre categorie di vincoli o condizioni, cioè le direttive (D), la capacità (C) e i pre-requisiti (P) per poter iniziare e terminare il lavoro nei tempi concordati.

Nel caso specifico della cuccia, verifichiamo a priori, prima di iniziare il lavoro

  • Progetto cuccia scaricato da Internet, avete compreso le istruzioni e verificato che servono circa quattro ore per costruire la cuccia (D)
  • Avete individuatol’angolo del giardino dove costruire, la moglie approva (D)
  • Vostra moglie approva anche lo schema colore della cuccia, azzurro polvere con accenti bianchi (D)
  • Legname, ferramenta, vernici ecc. già acquistati in giusta quantità (P)
  • Idraulico ed elettricista hanno portato acqua e corrente fino al punto dove costruiremo (P)
  • Controllato di avere avvitatore, sega circolare e tutti gli altri attrezzi necessari
  • Meteo previsto per il lunedì dell’angelo: soleggiato con una piacevole brezza

Solo se avete verificato tutte queste condizioni attraverso il metodo degli otto flussi potrete avere una ragionevole sicurezza di terminare il lavoro nei tempi promessi. Se manca anche una sola condizione, ad esempio manca un prerequisito, oppure un’istruzione non è chiara, potreste non riuscire a terminare il lavoro nei tempi, con le “gravi” conseguenze di cui sopra.

A questo punto non avete più scuse! Il vostro cane conta su di voi per avere finalmente una casa degna di questo nome! Che state aspettando?

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Lean Construction

8 Sprechi in cantiere

Come riconoscerli, come ridurli

Secondo una famosa ricerca del think tank internazionale Roland Berger, un operaio edile dedica solo il 30% della propria giornata lavorativa alla sua attività principale. Il restante 70% non è naturalmente risucchiato da lunghissime pause caffè e discorsi sul campionato, ma dai mille piccoli e grandi sprechi che affliggono una tipica giornata in cantiere, quasi tutti evitabili con un adeguato sforzo di ottimizzazione (il cosiddetto principio lean del kaizen, o miglioramento continuo)

“Un operaio edile impiega solo il 30% del proprio orario nella sua attività principale. Per il restante 70% è occupato a sbrigare faccende minori, spostare persone e mezzi, cercare attrezzi e materiali e risistemare l’area di lavoro.”

Digitization in the Construction Industry, Roland Berger

La filosofia lean identifica otto categorie di spreco, e chiunque abbia passato anche solo un giorno in cantiere le riconoscerà facilmente tutte

  • Trasporto: spostare mezzi, materiali, attrezzi senza contemporanemente creare valore, compresi gli spostamenti tra aree di lavoro, di stoccaggio, tra cantieri…
  • Scorte: il materiale in eccesso (compresi semilavorati e work in progress) genera spreco due volte; la prima è spreco di produzione (non serve tutto in quel momento) e la seconda è spreco di spazio, perché il materiale occupa spazio e deve essere mantenuto al sicuro fino all’uso e protetto da danni
  • Movimento: tutti i passi extra per fare un lavoro che non creano valore, generalmente dovuti ad un layout non ottimale dell’area di lavoro
  • Attesa: lo spreco più immediato da riconoscere, le squadre in attesa di poter lavorare su un’area (workers waiting for work), oppure il lavoro pronto che attende gli operai (work waiting for workers)
  • Produzione in eccesso: produrre più di quanto serve è uno spreco facilmente comprensibile, ma altrettanto spreco è produrre prima di quando serve, costringendo a stoccare il materiale in attesa del suo utilizzo
  • Attività in eccesso: le attività che non aggiungono valore, trasformazioni intermedie, ispezioni e controllo qualità (un’ispezione per definizione arriva tardi, quando l’errore è già entrato a sistema)
  • Difetti: il lavoro difettoso deve essere rifatto, riparato o sostituito, uno spreco che crea aggravi di tempo e costo
  • Capacità e talento inutilizzato: l’ultimo e più insidioso spreco in cantiere è non riuscire ad utilizzare sul lavoro tutte le capacità, le conoscenze e l’abilità dei propri collaboratori, che rappresentano la maggiore ricchezza di un’azienda.
Direct Wrench Time: il tempo effettivo di lavoro rispetto al tempo totale

Il sistema di programmazione della produzione in cantiere Last Planner System® (scarica l’ebook gratuito) affronta e mitiga tutti gli otto sprechi di cantiere grazie ai suoi cnque princìpi fondanti

  1. Programma con sempre maggiore dettaglio il lavoro a mano a mano che si avvicina. Ciò significa concentrarsi sul lavoro pronto da eseguire e che possiamo realmente completare, date le condizioni cel cantiere, e riduce il rischio di attese. Un lavoro in attesa di materiali non è pronto, che senso avrebbe metterlo in esecuzione? E così via.
  2. Chi fa, programma. Per questo si chiama last planner, perché la decisione è nelle mani di chi si trova più vicino al lavoro. Ciò significa responsabilizzare i collaboratori e utilizzare al meglio il pool di talenti della vostra azienda.
  3. Vincoli e ostacoli si eliminano collaborativamente. Un cantiere è fatto da tanti soggetti, ciascuno dei quali ha sicuramente informazioni essenziali che gli altri potrebbero non sapere. Anche se “tutti hanno capito”, last planner si assicura che tutti abbiano capito… la stessa cosa.
  4. Fa’ (e pretendi) solo promesse attendibili. Un progetto è una sequenza di impegni che i vari attori prendono nei confronti uno dell’altro; last planner fa in modo che le promesse possano essere verificate e confermate come attendibili e solide
  5. Imparare dagli errori. Tutta la filosofia lean è infusa dal principio del kaizen, del miglioramento continuo, e la lean construction non fa eccezione. Il sistema last planner prevede specifici momenti di riflessione e misura delle prestazioni che aiutano a migliorarsi ogni giorno