Categorie
Kanban Miglioramento Continuo Problem Solving

Ridurre gli sprechi con il metodo 5S

5S è il nome di un metodo giapponese che mira a massimizzare l’efficienza sul lavoro, di qualsiasi lavoro, senza distinzione, ma ne parliamo tra un attimo. Adesso voglio parlare di Don Fra’.

Don Fra’ ha 75 anni e adesso è in pensione. Ha fatto il saldatore per tutta la vita, “compresi 22 anni in Arabia Saudita”, mi dice. Fuma troppo, ma quando esce sulla terrazza di casa e vede sotto di sé tutta la Costiera Amalfitana sa che camperà fino a cent’anni.

Oggi mi ha dato una lezione di vita, mentre io e mia moglie, in vacanza sulla Costiera Amalfitana, fuggivamo dalla canicola all’ombra di casa sua, dopo una salita di 550 scalini e con la prospettiva di farne altrettanti.

Don Fra’ mi racconta che a undici anni ha imparato cos’è la disciplina. Ai tempi Don Fra’ lavorava come garzone da o’ tedesco, un ex militare della Wermacht che nell’immediato dopoguerra era tornato in Italia, dove era stato distaccato durante il conflitto, aveva acquistato a prezzo di saldo una parte della colonia montana Principe di Napoli sopra Amalfi e l’aveva trasformata in campeggio.

O’ tedesco ogni sera alle nove mandava Don Fra’ in cantina con una richiesta; vamm’a piglià a pinza, gli diceva (questa è la voce di Don Fra’ che mi racconta, dubito che o’ tedesco parlasse con questo accento). Il ragazzo scendeva in cantina e o’tedesco prontamente gli staccava la luce.

E mo’ comm’a trovo a’ pinza? Si chiedeva giustamente il giovane Don Fra’.

o’tedesco immancabilmente gli rispondeva “se hai messo in ordine il banco da lavoro ti basterà allungare la mano, anche al buio, per trovare la pinza”.

Mentre Don Fra’ raccontava, ho avuto un’illuminazione! Era la prima volta che sentivo parlare della metodologia 5S in dialetto napoletano anziché in giapponese!

Il metodo 5S prende il nome da cinque verbi giapponesi che iniziano tutti per “S” e recita così

la tua efficienza sul lavoro (quale lavoro sia è ininfluente) è massima quando hai eliminato tutto il muda, parola giapponese che significa spreco.

Spreco è tutto ciò che non è strettamente funzionale al lavoro stesso perché non crea valore per il cliente. Il metodo lean dice che è il tuo cliente (e nessun altro) ad identificare che cosa è valore (=ciò che il cliente desidera, ciò per cui è disposto a pagare) e che cosa è spreco (=ciò che al cliente non interessa).

I cinque “verbi magici” sono

  • Seiri, cioè separare. Separa tutto ciò che serve al lavoro da ciò che non serve, che quindi crea intorno a te distrazione, disturbo, disordine, in altri termini muda.
  • Seiton, cioè riordinare (oppure anche sistemare) l’area in cui svolgi il lavoro
  • Seiso, cioè puliremantenere pulita l’area di lavoro (in italiano si usa mnemonicamente anche spazzare per rimanere tra le “5S”)
  • Seiketsu, cioè standardizzare specialmente le lavorazioni ripetitive attraverso metodi e procedure sistematiche e codificate
  • Shitsuke, cioè sostenere il miglioramento attraverso una diffusione capillare della metodologia in tutta l’azienda, finché questa non diventi pervasiva

Don Fra’ aveva imparato già a 11 anni che quando applichi correttamente le 5S la pinza si trova sempre allo stesso posto, e ti basta allungare la mano per prenderla, anche al buio.

Categorie
Kanban Miglioramento Continuo Problem Solving

A3, tutto il problem solving… in un unico foglio

Questa tecnica lean è nata nelle fabbriche Toyota, ma è stata rapidamente adottata anche nelle costruzioni.

Si chiama “A3” proprio come la dimensione unificata del foglio di carta da disegno, il formato ISO A3, appunto, di 420mm x 297mm, ed è utilizzata come strategia di gruppo per favorire il miglioramento dei processi esistenti. Il vincolo è proprio dovuto al fatto che tutta la strategia, dalla descrizione del problema alla misurazione dei risultati, deve essere contenuta all’interno di un unico foglio A3 suddiviso in sette riquadri ben precisi. 

Questo ci obbliga ad essere innanzitutto concisi e sintetici nel descrivere il problema e le eventuali soluzioni, e in più il limite del foglio A3 sgombra il campo da distrazioni e obbliga a concentrarsi sul problema. Un problema, un foglio; e il foglio deve contenere non solo la descrizione del problema, ma anche la sua analisi svolta attraverso il metodo dei “cinque perché” (vedi sotto), e l’implementazione delle eventuali soluzioni.

Ecco un esempio di foglio A3 con i riquadri corrispondenti.

A3 thinking
  • Il processo da seguire parte dall’identificazione del problema. Cosa vogliamo ottenere con questo esercizio? 
  • A seguire, è necessario descrivere lo stato attuale. Dove siamo in questo momento? Qual è il funzionamento attuale di… quella cosa che non ci piace…? Per quale ragione lo stato attuale è un problema?
  • Qual è invece lo stato futuro desiderato? Che aspetto ha il successo di questa iniziativa? Possiamo essere più specifici, attraverso un parametro misurabile? Ad esempio “un aumento del 10% nella quantità di calcestruzzo in opera ogni giorno” è una quantità misurabile, “ridurre a metà gli errori di posa piastrelle” è misurabile, mentre “migliorare la sicurezza” non lo è
  • Il passo successivo è analizzare la distanza che separa il punto in cui ci troviamo dal punto in cui vorremmo essere. Perché siamo nel punto in cui siamo? Continuiamo a chiederci perché fino a risalire alle cause alla radice del problema, tenendo conto che potrebbero essere più di una
  • Per ogni causa individuata, pensare alle contromisure necessarie; anche in questo caso, tener conto che per risolvere una causa alla radice potrebbe essere necessario adottare più di una contromisura. Chi dovrà adottare la contromisura? Entro quando? Come facciamo a sapere se ha funzionato? Questa fase permette di esplorare lo spazio delle soluzioni, alla ricerca della giusta combinazione
  • Dopo aver esplorato le soluzioni, è necessario mettere in esecuzione un piano e misurare i risultati. Che differenza c’è tra “prima” e “dopo”? Ho raggiunto il mio obiettivo? Questo passo potrebbe essere chiamato standardizzare, come la quarta delle 5S, perché mira appunto a rendere “il nuovo processo” la normale esecuzione di quella attività che desideriamo migliorare
  • L’ultimo passo è quello di sostenere il cambiamento (shitsuke, la quinta “S”). Cosa è necessario mettere a punto per evitare di ricadere nello stato precedente, indesiderato perché era quello in cui si verificava il problema? Chi se ne occupa? Come misuriamo lo stato di avanzamento di queste misure?

Seguendo questa procedura è possibile migliorare nella pratica un processo di lavoro in cantiere, rendendolo più efficace, creando più valore per il cliente e riducendo gli sprechi.

Una nota sui “cinque perché”: il sistema lean sostiene che non è sufficiente risolvere “un” problema, bisogna risolvere “il problema giusto”, cioè il problema che è alla radice. Per arrivare alla radice del problema è necessario continuare a chiedersi “perché”. In genere bastano cinque perché per arrivare alla radice del problema, da cui il nome della tecnica.

Un esempio di analisi cinque perché è il seguente. PROBLEMA: L’auto non parte.

  1. Perché? Perché la batteria è scarica
  2. Perché? Perché l’alternatore non carica
  3. Perché? Perché la cinghia dei servizi è usurata e slitta
  4. Perché? Perché la cinghia non è stata sostituita al raggiungimento del chilometraggio suggerito nel manuale d’uso del costruttore

Quindi la vera radice del problema è la mancata manutenzione programmata. Se ci fossimo limitati a sostituire la batteria avremmo trovato solo una soluzione temporanea; solamente seguendo invece correttamente la manutenzione programmata possiamo evitare che il problema si ripeta (risoluzione del problema alla radice).