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Lean Construction Miglioramento Continuo

“Niente tocca terra”

Un’applicazione pratica del metodo di organizzazione 5S

In un altro articolo ho spiegato come il “metodo delle 5S” può migliorare l’efficienza sul lavoro. Riassumendo brevemente, per massimizzare la produttività è necessario ridurre al minimo le distrazioni, il disordine, lo spreco di movimento; questa spinta a migliorare è espressa da cinque parole giapponesi che iniziano tutte per “S” (e che hanno equivalenti in italiano ed inglese, sempre con una S iniziale). I cinque verbi “magici” sono

  • Seiri, cioè separare, ciò che è funzionale al lavoro da cosa non lo è
  • Seiton, cioè sistemare l’area in cui svolgi il lavoro
  • Seiso, cioè spazzare, nel senso di mantenere pulita l’area di lavoro
  • Seiketsu, cioè standardizzare specialmente le lavorazioni ripetitive 
  • Shitsuke, cioè sostenere il miglioramento attraverso una diffusione capillare della metodologia in tutta l’azienda, finché questa non diventi pervasiva

Questi princìpi teorici trovano applicazione pratica in un metodo di produzione edilizia detto “niente per terra” (in inglese “nothing hits the floor”). La pratica trova applicazione specialmente durante i lavori di fit-out ma è stata utilizzata con successo anche durante allestimenti di cantiere, costruzioni al grezzo e lavori di fondazione.

Questo metodo vieta di lasciare sul pavimento qualsiasi cosa durante lo svolgimento del lavoro

  • Tutti gli attrezzi manuali sono posizionati su un carrello. Se sono attrezzi pneumatici o elettrici a filo, cavi, tubazioni e altri servizi passano in quota e non a pavimento, ad esempio sollevati da puntelli e supporti oppure lungo pareti o altri sostegni verticali
  • Tutti i materiali da costruzione sono posizionati su carrelli a ruote, siano essi pedane, dolly o altro, a seconda del tipo di materiale
  • Tutto i rifiuti, gli sfridi e gli scarti sono depositati in bidoncini o cassonetti a ruote
Hofman - Nothing Hits the Floor
Niente a terra – Hoffman Construction

In questo esempio si può notare la presenza di un cassonetto scarrabile a destra, un carrello per gli attrezzi (al centro, in fondo) e un dolly per i materiali. Sul pavimento non c’è nulla (credits: Hoffman Construction)

Benefici

Applicare questa regola comporta un notevole miglioramento

  • Economia di movimento e di trasporto (due degli otto sprechi del pensiero lean illustrati in un articolo precedente)
  • Riduzione degli infortuni dovuti a movimenti ripetuti, in particolare infortuni alla schiena per chinarsi a raccogliere materiali e attrezzature. Gli arnesi e i materiali sono portati a quota “banco da lavoro”
  • Riduzione degli rischi di caduta da scivolamento e inciampo; in particolare, i rifiuti e gli scarti di lavorazione sono immediatamente stivati in contenitori su ruote anziché ingombrare l’area di lavoro, cavi e tubazioni volanti non corrono a terra.
  • Maggiore pulizia in cantiere (la terza “S”, seiso) significa migliore qualità delle finiture nonché minor rischio di guastare i materiali
  • E infine, da non sottovalutare, l’impressione che il cliente ricava da un cantiere gestito in questo modo è totalmente unica
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Last Planner Lean Construction

Tutti hanno un piano..

I programmi fatti a priori spesso si scontrano con una realtà diversa, mutate condizioni. Nemmeno i migliori planner possono prevedere il futuro.

Secondo il prof. Alan Mossman, studioso di lean construction, il cronoprogramma lavori, creato a priori non può essere lo strumento di gestione del progetto durante la sua esecuzione, perché esso rappresenta l’esercizio dei progettisti per dimostrare che ciò hanno ideato può essere realizzato nei tempi e con la sequenza di esecuzione che hanno pensato.

Tuttavia, anche in assenza di varianti, le condizioni “a bordo scavo” per così dire, possono essere molto diverse da quelle ipotizzate a tavolino.

“Tutti hanno un piano, finché non prendono un pugno sul muso.”
Mike Tyson

Esistono numerose e valide ragioni per cui nella pratica una lavorazione devia da quanto previsto nel cronoprogramma, senza per questo dover attribuire il ritardo a questo o a quel contractor. Un lavoro inizia in ritardo non solo perché il lavoro che lo precede non è ancora finito, ma per ragioni ben più banali come ad esempio le condizioni meteo.

È quindi necessario avere un metodo per riprogrammare i lavori in funzione delle mutate condizioni. 

Ma un cantiere è un organismo con tante teste, non necessariamente tutte allineate. Il punto di vista del main contractor e il suo approccio “verticistico” (“fate come vi dico”) potrebbe non essere il migliore. Non perché il capocommessa non è capace, ma semplicemente perché non tutti hanno a disposizione tutte le informazioni. Spesso “tutti hanno capito”, il problema semmai è assicurarsi che tutti abbiano capito… la stessa cosa.

Il sistema last planner nasce invece dall’osservazione di queste tre verità

  1. Tutti i programmi sono previsioni, e le previsioni possono sbagliare
  2. Più lontano nel tempo cerchiamo di prevedere, più è probabile sbagliare
  3. Più precisamente cerchiamo di prevedere, più è probabile sbagliare 

Il sistema last planner interviene quindi nel breve e medio orizzonte, proprio per colmare questo gap tra ciò che dovremmo fare (il cronoprogramma lavori del progetto esecutivo) e ciò che possiamo fare (la realtà contingente del cantiere, il suo stato istante per istante). 

Attraverso una semplice ma rigorosa programmazione di approntamento (in inglese make-ready) svolta lungo una finestra scorrevole di 6-8 settimane, il pianificatore ultimo (=last planner appunto) si assicura di mettere in esecuzione,cioè FARE, solo tutto ciò che SI PUÒ fare, perché ne ha verificato i pre-requisiti (materiali, mezzi, manodopera, attività propedeutica ecc.).

Il sistema è stato applicato con successo su progetti di edilizia, infrastrutture, civile, oil & gas, aerospazio e costruzioni marine, migliorando le performance di cantieri grandi e piccoli e aiutando innumerevoli professionisti a rispettare budget e tempi di consegna.

Scaricate l’ebook gratuito sul sistema di programmazione collaborativa di cantiere Last Planner

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Lean Construction servant leaderhsip

Servant Leadership

Perché gli apicoltori non fanno il miele

Nel mio lavoro di Lean Construction Coach mi capita di incontrare resistenza quando insegno i princìpi e la pratica Lean Construction. Un’obiezione abbastanza comune è del tipo “se non sai fare il mio lavoro, come puoi insegnarmi a farlo meglio?”. Oppure, la sua variante colorita, “questo tizio nemmeno sa come montare le mensole dell’IKEA e pretende di insegnarmi il mestiere.”

Ogni volta che sento questa obiezione istintivamente penso “ecco, questa è un’ottima occasione per parlare di servant leadership.”

Per questo domando “chi è che fa il miele? Le api o l’apicoltore?” Questa semplice domanda scatena sempre una vivace coversazione, ogni volta è come osservare le lampadine che si accendono sulla testa dei partecipanti, come nei cartoni animati.

Da apicoltore amatoriale quale sono, mi sento molto servant leader, sia in apiario che in cantiere. Non insegno agli idraulici come posare le tubazioni, e di sicuro non “insegno” alle api come fare il miele. Credetemi, la cosa da non fare in apiario è proprio cercare di costringere 60.000 “lavoratrici” a fare come dite voi.

Ma allora, in che modo sono d’aiuto? Da bravo servant leader faccio crescere i miei alveari, mi assicuro che le api abbiano ampio accesso a cibo e acqua, e faccio i necessari trattamenti perché le api rimangano in buona salute e libere da parassiti.

Una spiegazione (in inglese) del concetto di servant leadership

In altri termini, creo le condizioni ideali perché le api facciano al meglio il loro “mestire di ape”. In breve questa è la servant leadership. Creare le condizioni ideali per permettere ai vostri collaboratori di brillare.

Laddove un leader tradizionale offre la propria visione e l’indirizzo necessario a ottimizzare gli obiettivi aziendali, ciò significa porsi al servizio dell’impresa e dei suoi KPI (Key Performance Indicators, indicatori chiave di prestazione).

Un servant leader, al contrario, si pone al servizio delle persone, il suo obiettivo è la loro crescita professionale e personale, e la sua attenzione è rivolta a diversi indicatori di prestazione. Non si preoccupa direttamente di quote di mercato, ricavi ecc. ma anzi concentra i suoi sforzi in attività come l’apprendimento, la condivisione della conoscenza, l’autonomia e il benessere dei collaboratori.

Quando i collaboratori sono più abili, più capaci, più motivati, saranno loro stessi a prendersi cura dei KPI aziendali come le quote di mercato, perché più coinvolti e partecipi.

Ok, facciamo conto che vi abbia convinto. In pratica, però, come si diventa servant leader?

Larry Spears ha riassunto i dieci tratti del servant leader in un famoso articolo del 2000 intitolato “Character and Servant Leadership: Ten Characteristics of Effective, Caring Leaders

  • Ascolto. Imparare ad ascoltare permette di identificare e chiarire i reali bisogni dei tuoi collaboratori
  • Empatia. Imparare a riconoscere l’unicità di ciascuno dei tuoi colleghi e collaboratori.
  • Cura. Imparare a ricucire gli strappi e riparare le relazioni tra le persone
  • Cognizione. Imparare a leggere l’ambiente circostante, quello che realmente sta succedendo intorno a te
  • Persuasione. Imparare a convincere anziché costringere, imparare ad essere autorevole anziché autoritario
  • Concettualizzazione. Imparare ad ampliare il pensiero aldilà del quotidiano e dei suoi bisogni, per abbracciare concetti più a lungo termine
  • Lungimiranza. Caratteristica strettamente collegata ala concettualizzazione. Imparare a identificare le conseguenze future delle decisioni presenti.
  • Tutela. Imparare a prendersi cura innanzitutto delle persone, e successivamente dell’azienda, in quest’ordine.
  • Impegno alla crescita delle persone. Fujio Cho, ex CEO di Toyota, era solito dire che in Toyota “innanzitutto costruiamo persone, e solo dopo costruiamo automobili”
  • Community building. Imparare ad offrire ai collaboratori occasioni per interagire e stabilire un contatto, aldilà delle attività lavorative di tutti i giorni.

Ecco, in sostanza, i dieci tratti salienti che compongono la servant leadership. Tutte queste azioni aumenteranno la cosiddetta potency del tuo gruppo.

Il termine potency in questo caso significa “la convinzione condivisa da tutti i membri della squadra che il gruppo possa efficacemente conseguire gli obiettivi che gli sono stati assegnati”. In altri termini, questa è una misura della sicurezza e fiducia reciproca dei componenti della tua squadra.

L’autore mentre si comporta da Servant Leader con le sue api
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Lean Construction

8 Sprechi in cantiere

Come riconoscerli, come ridurli

Secondo una famosa ricerca del think tank internazionale Roland Berger, un operaio edile dedica solo il 30% della propria giornata lavorativa alla sua attività principale. Il restante 70% non è naturalmente risucchiato da lunghissime pause caffè e discorsi sul campionato, ma dai mille piccoli e grandi sprechi che affliggono una tipica giornata in cantiere, quasi tutti evitabili con un adeguato sforzo di ottimizzazione (il cosiddetto principio lean del kaizen, o miglioramento continuo)

“Un operaio edile impiega solo il 30% del proprio orario nella sua attività principale. Per il restante 70% è occupato a sbrigare faccende minori, spostare persone e mezzi, cercare attrezzi e materiali e risistemare l’area di lavoro.”

Digitization in the Construction Industry, Roland Berger

La filosofia lean identifica otto categorie di spreco, e chiunque abbia passato anche solo un giorno in cantiere le riconoscerà facilmente tutte

  • Trasporto: spostare mezzi, materiali, attrezzi senza contemporanemente creare valore, compresi gli spostamenti tra aree di lavoro, di stoccaggio, tra cantieri…
  • Scorte: il materiale in eccesso (compresi semilavorati e work in progress) genera spreco due volte; la prima è spreco di produzione (non serve tutto in quel momento) e la seconda è spreco di spazio, perché il materiale occupa spazio e deve essere mantenuto al sicuro fino all’uso e protetto da danni
  • Movimento: tutti i passi extra per fare un lavoro che non creano valore, generalmente dovuti ad un layout non ottimale dell’area di lavoro
  • Attesa: lo spreco più immediato da riconoscere, le squadre in attesa di poter lavorare su un’area (workers waiting for work), oppure il lavoro pronto che attende gli operai (work waiting for workers)
  • Produzione in eccesso: produrre più di quanto serve è uno spreco facilmente comprensibile, ma altrettanto spreco è produrre prima di quando serve, costringendo a stoccare il materiale in attesa del suo utilizzo
  • Attività in eccesso: le attività che non aggiungono valore, trasformazioni intermedie, ispezioni e controllo qualità (un’ispezione per definizione arriva tardi, quando l’errore è già entrato a sistema)
  • Difetti: il lavoro difettoso deve essere rifatto, riparato o sostituito, uno spreco che crea aggravi di tempo e costo
  • Capacità e talento inutilizzato: l’ultimo e più insidioso spreco in cantiere è non riuscire ad utilizzare sul lavoro tutte le capacità, le conoscenze e l’abilità dei propri collaboratori, che rappresentano la maggiore ricchezza di un’azienda.
Direct Wrench Time: il tempo effettivo di lavoro rispetto al tempo totale

Il sistema di programmazione della produzione in cantiere Last Planner System® (scarica l’ebook gratuito) affronta e mitiga tutti gli otto sprechi di cantiere grazie ai suoi cnque princìpi fondanti

  1. Programma con sempre maggiore dettaglio il lavoro a mano a mano che si avvicina. Ciò significa concentrarsi sul lavoro pronto da eseguire e che possiamo realmente completare, date le condizioni cel cantiere, e riduce il rischio di attese. Un lavoro in attesa di materiali non è pronto, che senso avrebbe metterlo in esecuzione? E così via.
  2. Chi fa, programma. Per questo si chiama last planner, perché la decisione è nelle mani di chi si trova più vicino al lavoro. Ciò significa responsabilizzare i collaboratori e utilizzare al meglio il pool di talenti della vostra azienda.
  3. Vincoli e ostacoli si eliminano collaborativamente. Un cantiere è fatto da tanti soggetti, ciascuno dei quali ha sicuramente informazioni essenziali che gli altri potrebbero non sapere. Anche se “tutti hanno capito”, last planner si assicura che tutti abbiano capito… la stessa cosa.
  4. Fa’ (e pretendi) solo promesse attendibili. Un progetto è una sequenza di impegni che i vari attori prendono nei confronti uno dell’altro; last planner fa in modo che le promesse possano essere verificate e confermate come attendibili e solide
  5. Imparare dagli errori. Tutta la filosofia lean è infusa dal principio del kaizen, del miglioramento continuo, e la lean construction non fa eccezione. Il sistema last planner prevede specifici momenti di riflessione e misura delle prestazioni che aiutano a migliorarsi ogni giorno